giovedì 30 luglio 2015

Velociraptor

Quando torno a casa mi piace rovistare nei cassetti alla ricerca dei disegni della mia infanzia. Non è difficile trovarli dato che infarciscono praticamente ogni mobile. Soni strati sedimentari di fogli più o meno colorati, testimonianza di un Mondo perduto. Non a caso rappresentano quasi solo dinosauri.
Mi è salita un po' di nostalgia. Così mi sono dedicato a questo Velociraptor con tutta l'ignoranza paleontologica di cui dispongo. Nonostante i creatori di Jurassic World la pensino diversamente, Velociraptor era un vero e proprio pennuto com'è ragionevole dedurre dai suoi resti fossili e da quelli dei suoi parenti stretti.
Rappresentare dinosauri è un lavoro d'immaginazione che dovrebbe avere delle solide basi scientifiche. Spesso queste vengono dimenticate, lasciando in secondo piano l'anatomia dei fossili. Così com'è successo ai Velociraptor di Jurassic World: ormai sono solo un'icona pop, figli di un pensiero scientifico abbandonato da decenni. Eppure vengono ancora riproposti nudi come polli in macelleria. 
Una ricostruzione obsoleta che viene affiancata all'immagine di mostri geneticamente modificati, generati dalle paranoie del nostro millennio. E forse è proprio vero che l’ingegneria genetica aumenta il cosiddetto “fattore WOW”, a giudicare dagli incassi del film.
Vedo l'autore di quei vecchi disegni ed i bambini che oggi parlano sul bus della malvagità di Indominus rex e penso che neanche qualcosa di romanticamente possente come un dinosauro sia più capace di stupire la più semplice delle menti.
Forse è proprio vero che ci stiamo estinguendo. Peccato che nessuno ci clonerà.


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