Trovo che gli insetti siano degli animali deliziosi. No, non
come cibo. Saranno pure più nutrienti e salutari delle carni rosse ma continuerò sempre a preferire le bistecche di manzo alle cavallette fritte.
Mi riferivo ad una delizia che coniuga il piacere estetico
all'interesse scientifico. È un sentimento difficile da spiegare. Anche perché
l'interlocutore medio è incantato dal pelo dei suoi animali domestici e dalla
loro supposta intelligenza. Tende ad escludere dal suo sistema di valori gli
umili esapodi a causa del loro bauplan così
diverso da quello di un vertebrato omeotermo.
Nonostante la mia perversa passione entomologica, condivido
la naturale repulsione umana verso gli scarafaggi.
Nel linguaggio comune il termine “scarafaggio” è utilizzato spesso in maniera
impropria. Più volte l'ho sentito impiegato per insultare i pigri coleotteri
dalle elitre scure che passeggiano sul ciglio delle strade di campagna nelle
sere estive. Gli scarafaggi appartengono ad un ordine diverso dai coleotteri. Sono
filogeneticamente più vicini alle mantidi religiose. Comprendono anche alcune specie
tropicali di particolare bellezza. Ok, fino ad un certo punto…
Le specie che ci sono più familiari, come la Periplaneta americana, hanno raggiunto una
diffusione su scala mondiale. Questo gli è stato possibile anche grazie alla loro
assidua frequentazione degli esseri umani. Essersi adattati nel nutrirsi di
tutto ciò che all'uomo non serviva è stato un punto chiave del loro successo
evolutivo. Rifiuti, deiezioni, liquami, avanzi di cibo possono diventare
leccornie prelibate per un mucchio di organismi che possono diventare veicolo
di malattie. Sono inevitabilmente diventati il viscido emblema di chi continua a vivere
parassitando gli scarti degli altri. Fino a trasformarsi in quello di cui vive.
Si tratta anche di una celeberrima metafora letteraria che
non auguro a nessuno di sperimentare.
Una mattina può capitare di svegliarsi come accadde a Gregor
Samsa. Assaggiare quel senso di disgusto nel ritrovarsi a vestire i panni di una creatura abituata a
vivere di avanzi di umanità. Rimanere distesi sul letto ad agitare
disperatamente i propri arti verso l'unica cosa che si riesce a vedere: il
soffitto. È uno spazio bianco che diventa lo schermo su cui proiettare le
proprie illusioni. Quello che si vorrebbe essere e tutto ciò che si desidera.
Quello che poteva accadere e che la propria natura ha impedito. Il soffitto
diventa un emblema della salvezza. Finché si resta sul letto ad agitarsi, nulla
di tutto ciò potrà mai realizzarsi. Lo scarafaggio lotta per capovolgersi e
tentare di arrampicarsi sulle pareti. Per cercare di raggiungere idealmente le
proprie ambizioni di umanità disegnate sul soffitto.
Ecco. È quando comincio a scrivere in questo modo che mi sento un
po' Fabio Volo.
Dopotutto esistono condizioni peggiori dell'essere scarafaggio…
Dopotutto esistono condizioni peggiori dell'essere scarafaggio…


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