sabato 11 luglio 2015

Samsa

Trovo che gli insetti siano degli animali deliziosi. No, non come cibo. Saranno pure più nutrienti e salutari delle carni rosse ma continuerò sempre a preferire le bistecche di manzo alle cavallette fritte.
Mi riferivo ad una delizia che coniuga il piacere estetico all'interesse scientifico. È un sentimento difficile da spiegare. Anche perché l'interlocutore medio è incantato dal pelo dei suoi animali domestici e dalla loro supposta intelligenza. Tende ad escludere dal suo sistema di valori gli umili esapodi a causa del loro bauplan così diverso da quello di un vertebrato omeotermo.
Nonostante la mia perversa passione entomologica, condivido la naturale repulsione umana verso gli scarafaggi.
Nel linguaggio comune il termine “scarafaggio” è utilizzato spesso in maniera impropria. Più volte l'ho sentito impiegato per insultare i pigri coleotteri dalle elitre scure che passeggiano sul ciglio delle strade di campagna nelle sere estive. Gli scarafaggi appartengono ad un ordine diverso dai coleotteri. Sono filogeneticamente più vicini alle mantidi religiose. Comprendono anche alcune specie tropicali di particolare bellezza. Ok, fino ad un certo punto…
Le specie che ci sono più familiari, come la Periplaneta americana, hanno raggiunto una diffusione su scala mondiale. Questo gli è stato possibile anche grazie alla loro assidua frequentazione degli esseri umani. Essersi adattati nel nutrirsi di tutto ciò che all'uomo non serviva è stato un punto chiave del loro successo evolutivo. Rifiuti, deiezioni, liquami, avanzi di cibo possono diventare leccornie prelibate per un mucchio di organismi che possono diventare veicolo di malattie. Sono inevitabilmente diventati il viscido emblema di chi continua a vivere parassitando gli scarti degli altri. Fino a trasformarsi in quello di cui vive.
Si tratta anche di una celeberrima metafora letteraria che non auguro a nessuno di sperimentare.


Una mattina può capitare di svegliarsi come accadde a Gregor Samsa. Assaggiare quel senso di disgusto nel ritrovarsi a vestire i panni di una creatura abituata a vivere di avanzi di umanità. Rimanere distesi sul letto ad agitare disperatamente i propri arti verso l'unica cosa che si riesce a vedere: il soffitto. È uno spazio bianco che diventa lo schermo su cui proiettare le proprie illusioni. Quello che si vorrebbe essere e tutto ciò che si desidera. Quello che poteva accadere e che la propria natura ha impedito. Il soffitto diventa un emblema della salvezza. Finché si resta sul letto ad agitarsi, nulla di tutto ciò potrà mai realizzarsi. Lo scarafaggio lotta per capovolgersi e tentare di arrampicarsi sulle pareti. Per cercare di raggiungere idealmente le proprie ambizioni di umanità disegnate sul soffitto.
Ecco. È quando comincio a scrivere in questo modo che mi sento un po' Fabio Volo.
Dopotutto esistono condizioni peggiori dell'essere scarafaggio…

Nessun commento:

Posta un commento

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia