giovedì 30 luglio 2015

Velociraptor

Quando torno a casa mi piace rovistare nei cassetti alla ricerca dei disegni della mia infanzia. Non è difficile trovarli dato che infarciscono praticamente ogni mobile. Soni strati sedimentari di fogli più o meno colorati, testimonianza di un Mondo perduto. Non a caso rappresentano quasi solo dinosauri.
Mi è salita un po' di nostalgia. Così mi sono dedicato a questo Velociraptor con tutta l'ignoranza paleontologica di cui dispongo. Nonostante i creatori di Jurassic World la pensino diversamente, Velociraptor era un vero e proprio pennuto com'è ragionevole dedurre dai suoi resti fossili e da quelli dei suoi parenti stretti.
Rappresentare dinosauri è un lavoro d'immaginazione che dovrebbe avere delle solide basi scientifiche. Spesso queste vengono dimenticate, lasciando in secondo piano l'anatomia dei fossili. Così com'è successo ai Velociraptor di Jurassic World: ormai sono solo un'icona pop, figli di un pensiero scientifico abbandonato da decenni. Eppure vengono ancora riproposti nudi come polli in macelleria. 
Una ricostruzione obsoleta che viene affiancata all'immagine di mostri geneticamente modificati, generati dalle paranoie del nostro millennio. E forse è proprio vero che l’ingegneria genetica aumenta il cosiddetto “fattore WOW”, a giudicare dagli incassi del film.
Vedo l'autore di quei vecchi disegni ed i bambini che oggi parlano sul bus della malvagità di Indominus rex e penso che neanche qualcosa di romanticamente possente come un dinosauro sia più capace di stupire la più semplice delle menti.
Forse è proprio vero che ci stiamo estinguendo. Peccato che nessuno ci clonerà.


domenica 12 luglio 2015

Serraglio #1

Qui inauguro uno spazio che sarà parecchio frequente a causa dei miei impegni universitari e della mia enorme pigrizia. Nel Serraglio raccoglierò tutti quei disegni fatti semplicemente per allenare la mano assieme a qualche studio anatomico. Giusto per dimostrarvi che mi metto d'impegno con l'anatomia. Anche se non si vede. 


sabato 11 luglio 2015

Samsa

Trovo che gli insetti siano degli animali deliziosi. No, non come cibo. Saranno pure più nutrienti e salutari delle carni rosse ma continuerò sempre a preferire le bistecche di manzo alle cavallette fritte.
Mi riferivo ad una delizia che coniuga il piacere estetico all'interesse scientifico. È un sentimento difficile da spiegare. Anche perché l'interlocutore medio è incantato dal pelo dei suoi animali domestici e dalla loro supposta intelligenza. Tende ad escludere dal suo sistema di valori gli umili esapodi a causa del loro bauplan così diverso da quello di un vertebrato omeotermo.
Nonostante la mia perversa passione entomologica, condivido la naturale repulsione umana verso gli scarafaggi.
Nel linguaggio comune il termine “scarafaggio” è utilizzato spesso in maniera impropria. Più volte l'ho sentito impiegato per insultare i pigri coleotteri dalle elitre scure che passeggiano sul ciglio delle strade di campagna nelle sere estive. Gli scarafaggi appartengono ad un ordine diverso dai coleotteri. Sono filogeneticamente più vicini alle mantidi religiose. Comprendono anche alcune specie tropicali di particolare bellezza. Ok, fino ad un certo punto…
Le specie che ci sono più familiari, come la Periplaneta americana, hanno raggiunto una diffusione su scala mondiale. Questo gli è stato possibile anche grazie alla loro assidua frequentazione degli esseri umani. Essersi adattati nel nutrirsi di tutto ciò che all'uomo non serviva è stato un punto chiave del loro successo evolutivo. Rifiuti, deiezioni, liquami, avanzi di cibo possono diventare leccornie prelibate per un mucchio di organismi che possono diventare veicolo di malattie. Sono inevitabilmente diventati il viscido emblema di chi continua a vivere parassitando gli scarti degli altri. Fino a trasformarsi in quello di cui vive.
Si tratta anche di una celeberrima metafora letteraria che non auguro a nessuno di sperimentare.


Una mattina può capitare di svegliarsi come accadde a Gregor Samsa. Assaggiare quel senso di disgusto nel ritrovarsi a vestire i panni di una creatura abituata a vivere di avanzi di umanità. Rimanere distesi sul letto ad agitare disperatamente i propri arti verso l'unica cosa che si riesce a vedere: il soffitto. È uno spazio bianco che diventa lo schermo su cui proiettare le proprie illusioni. Quello che si vorrebbe essere e tutto ciò che si desidera. Quello che poteva accadere e che la propria natura ha impedito. Il soffitto diventa un emblema della salvezza. Finché si resta sul letto ad agitarsi, nulla di tutto ciò potrà mai realizzarsi. Lo scarafaggio lotta per capovolgersi e tentare di arrampicarsi sulle pareti. Per cercare di raggiungere idealmente le proprie ambizioni di umanità disegnate sul soffitto.
Ecco. È quando comincio a scrivere in questo modo che mi sento un po' Fabio Volo.
Dopotutto esistono condizioni peggiori dell'essere scarafaggio…
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